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Guida in stato di ebrezza la Cassazione conferma la non punibilità

E’ del 15 settembre una delle ultime sentenze, scritte dai giudici della Corte di Cassazione, in materia di non punibilità (ex art. 131 bis c.p.) della guida in stato di ebrezza (Cass. n. 42255/2017). La notizia ha già iniziato a circolare sui social ma attenzione a cosa si legge e, ancor prima, a cosa si scrive!
Perché il rifiuto di sottoporsi all’alcoltest continua ad essere un reato e, anche se, in determinati casi si potrebbe beneficiare della non punibilità, casi che non si limitano al rifiuto ma possono riguardare anche chi ha “soffiato”, resta il fatto che la sospensione ed eventualmente la revoca della patente verranno comunque irrogate dal Prefetto.

E’ vero, infatti, che i giudici di legittimità hanno dichiarato non punibile un’automobilista che si era  rifiutato di sottoporsi al test ma è altrettanto vero che lo hanno stabilito in quanto il fatto è stato ritenuto di particolare tenuità, perché  il guidatore era giovane, incensurato e la sua condotta non aveva causato “nessun effettivo pregiudizio alla circolazione e alla incolumità degli utenti della strada”.
In sostanza non c’è stata nessuna depenalizzazione e non esiste un nuovo trucco per aggirare il sistema!

Chi si occupa della materia sa che l’interpretazione dei giudici di legittimità, espressa nella sentenza in commento, non è affatto una novità; già dal 2015, infatti, la Cassazione ha applicato, in alcuni casi, la non punibilità, prevista dall’art. 131 bis c.p., ai reati di guida in stato di ebrezza (tra le prime Cass. n. 44132/2015) ma ha anche delineato tutta una serie di elementi da valutare che nulla centrano col sottoporsi o meno all’alcoltest.
Secondo la Cassazione, infatti, l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può applicarsi all’art. 186 del Codice della Strada senza distinzione di sorta (dal rifiuto di sottoporsi al test alla guida con una soglia superiore a 1,51 g/l) ciò che conta sono tutta una serie di elementi che, non potendoli analizzare tutti in questo articolo, potremmo riassumere (coma fa la Corte a Sezioni Unite) nelle modalità della condotta (es. circolazione per pochi metri in un parcheggio o una strada deserta ovvero circolazione ad alta velocità in un centro urbano), l’esiguità del danno o del pericolo (nel caso di specie si tutela i beni della vita e dell’integrità personale, che sono messi certamente a rischio da chi ha commesso un incidente stradale con lesioni gravi), il grado della colpevolezza (e, aggiungo, anche dell’eventuale presenza di precedenti penali).

Ogni fatto, quindi, deve essere valutato dal giudice penale con attenzione, per verificare se lo stesso possa definirsi “tenue” o meno.

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