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Multe CO2 alle case auto, arriva la decisione dell’UE sul rinvio

L'Unione Europea non elimina le sanzioni, ma permette ai costruttori di calcolare il rispetto del limite di 93,6 g/km di CO2 su un periodo di tre anni (2025-2027) invece che su base annuale.

Prim’ancora di parlare di bando termico 2035, esiste un problema assillante per i costruttori auto in Europa: le multe di 16 miliardi di euro che l’UE appiopperà nel 2026 alle Case qualora – com’è altamente probabile – sforino il tetto delle emissioni di CO2 nel 2025. L’anno prossimo infatti l’Agenzia Europea dell’ambiente e la Commissione Europea effettueranno con precisione certosina il calcolo e la verifica di auto e furgoni immatricolati durante l’anno in corso. Se emergerà una non conformità, le ammende scatteranno in base al Regolamento 2019 che ha introdotto il Green Deal.

Rinvio delle multe finalmente l’UE decide

Il Parlamento e Consiglio Europeo hanno approvato l’emendamento al Regolamento sui target di emissione di CO2. I costruttori potranno ora valutare il rispetto del limite medio di 93,6 g/km di CO2 su un periodo di tre anni (2025-2027) anziché su base annuale, compensando eventuali sforamenti con i risultati migliori degli altri anni.

Ora, il provvedimento attende solo il via libera formale del Consiglio Ue, che ha già adottato la proposta senza apportare modifiche. L’emendamento introduce perciò una maggiore flessibilità nelle sanzioni per il superamento dei limiti emissivi.

L’obiettivo di ridurre le emissioni non cambia e le sanzioni rimangono, ma questa modifica offre ai produttori più margine per gestire la transizione verso veicoli meno inquinanti. Secondo Bruxelles, la misura aiuterà il settore a sostenere gli investimenti nella mobilità elettrica, mantenendo il percorso verso il taglio del 55% delle emissioni tra il 2030 e il 2034, fino alla neutralità totale nel 2035.

Allarme rosso sanzioni in arrivo

Nei primi tre mesi del 2025, le emissioni medie delle nuove auto sul mercato sono pari a 103 g/km di CO2, superando di 10 punti percentuali l’obiettivo stabilito. Alcuni costruttori, come Volvo e BMW, sono in linea con gli obiettivi, mentre altri, come Volkswagen e Stellantis, risultano più distanti. Il regolamento prevede sanzioni di 95 € per ogni grammo di CO2 eccedente il limite, applicate su ogni veicolo venduto.

Per evitare le sanzioni, i costruttori potranno formare alleanze (pool) fino all’ultimo giorno del periodo, aggregando le vendite per rispettare collettivamente gli obiettivi. La strategia più semplice sarebbe quella di aumentare significativamente le vendite di auto elettriche e ridurre quelle di veicoli termici, in modo da abbassare la media delle emissioni.

produzione Volkswagen Germania
Con le multe le case auto faranno meno investimenti e taglieranno posti di lavoro

Tuttavia, dato che il mercato UE sta mostrando resistenza verso il full electric per vari motivi (prezzi elevati senza incentivi, scarsa infrastruttura di ricarica, costi dell’energia elevati), le sanzioni potrebbero avere ripercussioni negative. In particolare, potrebbero ridurre gli investimenti delle case automobilistiche e compromettere la capacità di sostenere i posti di lavoro durante la costosa transizione verde. Inoltre, in un periodo in cui la Cina sta invadendo l’Europa con auto elettriche a prezzi più competitivi, la situazione diventa ancora più critica.

Chi è favorevole alle multe

Nel risiko automotive, dove ognuno tenta di irrobustirsi, l’industria elettrica dice invece sì alle multe UE. Il via libera arriva da due gruppi che rappresentano numerosi player, e che invitano Bruxelles a non cedere alle pressioni Acea. Anzitutto E-Mobility Europe, che riunisce Case, fornitori, gestori di flotte e provider di colonnine, fra cui Tesla e CATL, la regina cinese delle batterie nel mondo. E poi ChargeUp Europe, associazione di categoria per l’industria dell’infrastruttura di ricarica in Europa (dentro anche Tesla, Ampeco, TotalEnergies e ChargePoint). Le sanzioni sono utili per la transizione, dicono: ogni ritardo sui limiti di CO2 del 2025 mette l’Europa sempre più dietro alla Cina rallentando i piani di investimento.

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